3, Gli archivi della politica sul web

[Nel corso dell’anno accademico 2021/2022, il Gramsci centre for the humanities ha preso parte a un progetto d’ateneo dell’Università degli studi della Repubblica di San Marino dal titolo Gli archivi politici sammarinesi: censimento, digitalizzazione, fruizione[1]Coordinato da Luca Gorgolini (Unirsm), da Michele Chiaruzzi (Unibo; Unirsm), e dal nostro direttore, Massimo Mastrogregori, il progetto si è avvalso della consulenza scientifica di un gruppo di … Continue reading.

L’esito finale di questo lavoro sarà la pubblicazione di una guida agli archivi censiti di personalità e partiti politici, arricchita di approfondimenti teorici, che si configurerà come un primo indispensabile strumento di accesso ai patrimoni presenti sul territorio della Repubblica; accanto a ciò, come Gramsci centre, abbiamo provato a ragionare sulla formulazione di una proposta di digitalizzazione del materiale individuato, che ne predisponga la fruizione e la più ampia valorizzazione[2]Il video mockup del portale è accessibile a questo link..

Nella nostra prospettiva, l’occasione è stata però preziosa anche per impostare un primo lavoro di studio generale sulle diverse possibilità e forme di riversamento, resa e fruizione dei documenti archivistici in ambiente digitale. L’attenzione a come la rivoluzione digitale sta cambiando le modalità di produzione, elaborazione, consumo della cultura e della conoscenza, nelle sue svariate declinazioni, è infatti una delle direttive che guidano il lavoro del nostro centro fin dalla sua fondazione.

Il primo frutto di questa riflessione saranno quattro uscite, curate da Andreas Iacarella, che si configurano come un tentativo di approfondire il dialogo e la riflessione su un tema che appare quanto mai urgente sollecitare. Siamo certi che il carattere tecnico e scientifico del discorso non possa essere eluso, e che dunque il dibattito dovrà essere sempre più portato in una dimensione di estrema interdisciplinarietà, che coinvolga tutti gli attori in causa: professionisti della comunicazione, del knowledge design, dell’informatica, specialisti dei beni culturali (archivisti, bibliotecari, curatori ecc.), nonché storici, storici dell’arte e tutte quelle categorie di studiosi che degli archivi rappresentano i tradizionali fruitori. I diversi saperi dovranno non solo parlarsi, ma intrecciarsi, ibridarsi, perdendo certamente qualcosa delle loro specificità, a vantaggio però di una più avanzata progettualità degli ambienti digitali archivistici, che possa farsi avanguardia nella costruzione della memoria comune delle collettività di riferimento. In quest’ottica, quanto vogliamo offrire non è che un piccolo contributo critico alla discussione, con la presentazione di alcuni problemi e questioni generali, nella speranza che ciò possa suscitare ulteriori riflessioni.

Sommario delle puntate:

1.   I beni culturali in ambiente digitale: dal catalogo al web semantico, problematiche e prospettive

2.   Archivi nella rete: strategie e modelli

a.   Dall’inventario online alla digital library: esperienze a confronto

b.   Costruire una narrazione: i percorsi della storia nel web

3.   Gli archivi della politica sul web

a.   Gli archivi politici italiani e la sfida di internet: un percorso accidentato

b.   Lettere e spot: due casi riusciti di valorizzazione

c.   Da Archivi del Novecento a 9centRo: esperienze di rete a confronto

4.   Il caso Europeana e altre esperienze internazionali di condivisione della memoria]

Nella presente puntata offriremo uno specifico focus sulle esperienze di digitalizzazione di archivi politici italiani, provando a evidenziarne limiti e punti di forza.

Problemi di definizione

Occorre innanzitutto, come premessa al discorso, accennare a un problema di definizione. Come ha evidenziato Linda Giuva, i confini degli “archivi politici” non sono infatti stabiliti una volta per tutte, ma «si modificano continuamente registrando le trasformazioni intervenute nel concetto stesso della politica, subendo i riflessi delle riforme istituzionali, dei parametri storiografici, delle mutate sensibilità archivistiche»[3]L. Giuva, Natura degli archivi politici: considerazioni e problematiche, in M. Valentini (ed.), Gli archivi della politica. Atti del Convegno. Firenze, 11 aprile 2012, Consiglio regionale della … Continue reading.

Per fare un esempio concreto, gli anni Ottanta hanno rappresentato, grazie al contributo della storia sociale, un cambio di paradigma per la storia politica in Italia: «cimentarsi nello studio delle soggettività e delle comunità, dei gruppi sociali nella loro interazione con le istituzioni, ha aperto il campo (…) alla piena valorizzazione sia della dimensione politica del sociale che della più complessiva sfera politica»[4]M. Ridolfi, Storia dei partiti e storia della politica per l’Italia contemporanea. Temi e fonti per un approccio comparativo, in Gli archivi dei partiti politici. Atti dei seminari di Roma, 30 … Continue reading. Si è cioè affermata una storia della politica in senso ampio, disseminato, che ha ampliato il ventaglio di fonti cui attingere. A ciò si sono accompagnati anche importanti cambiamenti nella «teoria archivistica nel considerare archivi le carte di movimenti e di associazioni»[5]L. Giuva, Natura degli archivi politici cit., p. 14., indispensabili in questa nuova prospettiva storiografica.

In altri casi, sono stati gli stessi eventi politici e storici a determinare l’emersione di nuove sensibilità ed esigenze conservative: all’inizio degli anni Novanta la crisi del sistema partitico repubblicano ha sollecitato «storici ed archivisti, istituzioni culturali e parlamentari ad avviare interventi indirizzati da una parte al recupero ed al ricovero fisico» della documentazione dei partiti disciolti, «dall’altra a lavori di ordinamento e descrizione in maniera da render[la] consultabil[e]»[6]Ibid..

Partiti “diffusi”

Ma la questione della disseminazione e della complessità definitoria delle raccolte di fonti politiche si pone anche a un livello più basilare. Anche nel caso in cui si voglia prendere a oggetto di studio un singolo partito, la documentazione può infatti essere stata prodotta, e conservata, non solo presso gli apparati centrali di esso e presso le istituzioni pubbliche in cui i suoi esponenti hanno ricoperto ruoli o incarichi. L’attività di partito può essere stata declinata in una galassia di organizzazioni territoriali (circoli, sezioni, cooperative ecc.), associazioni collaterali (giovanili, femminili, di categoria ecc.), iniziative editoriali e di stampa, centri studi ecc.; senza considerare gli archivi personali di esponenti politici, nazionali o locali, dirigenti, amministratori, militanti e simpatizzanti, che ugualmente possono serbare tracce preziose[7]Per queste questioni cfr. D. Taraborelli, “Le cose davvero serie e gravi non le mettono mai per iscritto”. Formalizzare l’informalità: gli archivi dei partiti politici tra centro e periferia … Continue reading.

Alla luce di questi pochi accenni crediamo dunque che per il nostro discorso la definizione di archivio politico debba essere usata nel senso più estensivo del termine, cercando di salvaguardare questa natura polimorfa e diffusa dell’azione politica e gli inevitabili intrecci, prima di tutto tra dimensioni pubbliche e private, che di essa danno testimonianza.

  1. Gli archivi dei partiti politici italiani e la sfida di internet: un percorso accidentato

I fondi del Senato

Iniziamo rivolgendo la nostra attenzione in maniera specifica sugli archivi digitali dei partiti, rispetto ai quali il panorama si presenta in Italia piuttosto povero. Gli inventari di diversi fondi legati ai partiti storici della Repubblica italiana sono offerti all’accesso online attraverso il già citato portale dell’Archivio storico del Senato della Repubblica. Si tratta in particolare dell’archivio del Partito repubblicano italiano, conservato dalla Fondazione Ugo La Malfa, del fondo Movimento sociale italiano-Destra Nazionale, di proprietà della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, dell’archivio della Direzione nazionale del Partito socialista italiano, appartenente alla Fondazione di studi storici Filippo Turati, e del fondo intestato al Gruppo parlamentare della Democrazia cristiana al Senato, conservato presso l’Istituto Luigi Sturzo. In tutti e quattro i casi si tratta di fondi federati con l’Archivio storico del Senato attraverso apposite convenzioni da parte degli enti conservatori. Per la resa digitale, vale quanto detto nella seconda puntata: i complessi si presentano esplorabili attraverso l’inventario digitalizzato, nella forma di alberatura gerarchica navigabile; le unità archivistiche sono adeguatamente contestualizzate da schede di descrizione alle quali, eventualmente, sono allegate immagini digitali dei documenti. Il risultato è uno strumento di grande utilità limitatamente a un’utenza di tipo specialistico.

Abbiamo citato l’Istituto Sturzo, che detiene, oltre al fondo già nominato, l’archivio della Democrazia cristiana e dei suoi diversi gruppi parlamentari, nonché di numerosi esponenti di primo piano del partito (Giulio Andreotti, Tina Anselmi, Emilio Colombo ecc.). L’istituto aderisce al portale Lazio ‘900, cui accenneremo più oltre, ma consente l’esplorazione del proprio patrimonio anche direttamente dal proprio sito, attraverso la pubblicazione online degli inventari navigabili dei diversi fondi, con le relative schede. Senza ripeterci ulteriormente, possiamo riscontrare qui quanto già detto per gli archivi del Senato, ovvero un’attenzione tutta rivolta a un’utenza di ricercatori e studiosi e scarsamente interessata alla valorizzazione del patrimonio allo scopo di costruire narrazioni destinate a un pubblico ampio.

Radunare le fonti

Restando sempre all’interno dell’orizzonte partitico della Prima Repubblica, uno strumento di rilievo è il portale Fonti per la storia del Partito comunista italiano (Pci)[8]Il progetto è frutto della collaborazione della Fondazione Gramsci con i diversi istituti Gramsci della Penisola, l’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, l’Associazione … Continue reading. Il sito nasce come punto di aggregazione delle descrizioni archivistiche di fondi e nuclei documentali prodotti dagli organi centrali e territoriali, dagli esponenti e dai militanti del Pci: si costituisce quindi come luogo di raccolta delle informazioni già presenti in rete, creando un punto di primo accesso unificato alle diverse risorse. L’homepage offre, dopo una barra di ricerca semplice, la possibilità di esplorare i diversi fondi censiti divisi per categoria di soggetto produttore (organismi centrali, organismi territoriali, persone); i fondi possono essere inoltre individuati attraverso una mappa, che ne riporta la dislocazione geografica dei luoghi di conservazione, oppure direttamente per soggetto produttore.

A differenza di altre piattaforme, in questo caso le schede descrittive si limitano a illustrare storia e consistenza dei fondi e dei personaggi o enti a essi connessi; per l’esplorazione degli inventari analitici o degli altri strumenti di consultazione, quando disponibili, si viene reindirizzati al sito del rispettivo soggetto conservatore. Vengono inoltre offerti alcuni altri strumenti, accessibili dalla homepage, che raccolgono gli unici documenti digitalizzati consultabili direttamente sul sito: gli elenchi dei componenti dei Comitati federali (1948-1989) che venivano inviati alla Direzione nazionale del Pci al termine dei congressi locali, ricercabili per Regione e per anno; delle gallerie tematiche (“I congressi”, Le feste dell’Unità”, “I video”), che offrono una selezione di materiali dal forte impatto visivo, accompagnati da sintetiche didascalie; la digitalizzazione parziale di tre periodici (Lo Stato operaio, dal 1927 al 1936; l’Unità, dal 1924 al 1926; L’Ordine nuovo, dal 1919 al 1925). Particolare rilievo è dato anche alla pagina “Contribuisci al portale”, che si limita però a indicare i contatti cui segnalare fondi e materiali di cui non si abbia già notizia.

Un guida online

Siamo dunque di fronte, in questo caso, a uno strumento che nasce con un proposito molto diverso da quelli già visti, ovvero quello di mappare i fondi legati alla storia del Partito comunista italiano. Quest’opera meritoria ha come risultato un sito che appare dunque, fatte le debite differenze, come una versione online di una guida archivistica cartacea, che elenchi sinteticamente diversi patrimoni selezionati per omogeneità tematica o di soggetto produttore.

Rispetto agli scopi prefissati, si può senz’altro considerare adeguata la riuscita del progetto. Tuttavia, vale la pena notare un forte nel limite nella decisione, espressamente motivata da scelte editoriali, di circoscrivere a soli cinque gli archivi personali presentati sul sito (Gramsci, Berlinguer, Longo, Natta e Togliatti). Ci si potrebbe anche domandare se la realizzazione di un tale portale non potesse offrire il contesto adatto per la pubblicazione di minimi strumenti di approfondimento (brevi articoli, esempi di ricerche in corso ecc.) che potessero svolgere una funzione di avvicinamento ai patrimoni censiti per un pubblico generalista, in maniera certamente più interessante rispetto alle gallerie di immagini pubblicate.

Appare evidente, da questi pochi esempi fatti, come le istituzioni culturali che si occupano specificamente della conservazione dei patrimoni dei partiti italiani non abbiano presentato modelli di digitalizzazione all’avanguardia, limitandosi per lo più alla possibilità della consultazione online degli inventari. Piuttosto povera appare anche l’offerta di riproduzioni digitali dei materiali conservati, nonché il loro utilizzo per la costruzione di percorsi di storia condivisa e di costruzione della memoria; in gran parte, questi portali sembrano destinati esclusivamente a un’utenza specialistica.

  1. Epistolari e spot: due casi riusciti di valorizzazione

Proseguiamo questa esplorazione considerando due ulteriori casi di studio che mostrano delle specificità significative e possono rientrare nella definizione più generale di archivio politico che ci siamo dati. Per entrambi il campo tematico estremamente ristretto e l’omogeneità delle tipologie di materiali hanno consentito la costruzione di strumenti efficaci di raccolta, resa e fruizione digitale.

Edizioni in digitale

Sotto l’impulso della Fondazione Trentina Alcide De Gasperi, della famiglia dello statista, della Fondazione Bruno Kessler e dell’Istituto Luigi Sturzo è stato avviato il progetto di raccolta e pubblicazione digitale dell’intero epistolario degasperiano in un archivio open access. Riconosciuto il valore dell’iniziativa, nel 2016 l’allora Ministero dei Beni delle Attività Culturali e del Turismo ha ufficialmente istituito l’Edizione nazionale dell’Epistolario di Alcide De Gasperi.

Il portale così costituito, di facile consultazione, presenta alcuni apparati di approfondimento scientifico per contestualizzare la vita e l’opera del politico trentino (biografia, cronologia, bibliografia). Accedendo al vero e proprio archivio digitale delle lettere, per ciascun documento sono offerti diversi strumenti: la riproduzione ingrandibile dell’originale; un breve sunto del contenuto; una scheda descrittiva in cui, oltre alle informazioni materiali e di conservazione, sono indicizzati corrispondenti, personaggi o istituzioni menzionati nel testo e temi[9]I temi individuati sono: vita privata, politica nazionale, politica internazionale, politica locale, religione, cultura, economia, società.; la trascrizione integrale del testo, realizzata attraverso un sistema semiautomatico, corredata di note esplicative e con la possibilità di visualizzazione anche della trascrizione reader friendly (che prevede lo scioglimento delle abbreviazioni ecc.)[10]I criteri editoriali e le linee guida adottate nel lavoro sono consultabili online.. Non manca, inoltre, un’adeguata contestualizzazione del documento nell’archivio di provenienza, grazie al link alla corrispondente scheda descrittiva del fondo sul sito del Sistema informativo unificato per le Soprintendenze archivistiche (SIUSA).

L’archivio può essere navigato, oltre che attraverso la ricerca libera, cui possono essere applicati più filtri, per tematica, per fase della vita di De Gasperi, per persone o istituzioni. La creazione di un’edizione digitale dell’epistolario di un personaggio politico di primo piano, realizzata grazie alla collaborazione di numerosi enti, detentori dei singoli documenti, rappresenta un esempio molto avanzato di collaborazione tra istituzioni culturali per la messa in comune virtuale del proprio patrimonio. L’affiancamento dell’originale e della trascrizione permette inoltre di andare incontro alle esigenze di un’utenza differenziata.

Conservare la comunicazione

L’altro esempio cui vogliamo brevemente fare cenno è l’Archivio degli Spot politici. Il progetto nasce nel 2008 dalla collaborazione di diverse università a una ricerca orientata ad approfondire il tema della popolarizzazione della politica, attraverso la raccolta, la classificazione e l’analisi di un corpus di spot pubblicitari piuttosto eterogeneo[11]I risultati della ricerca sono stati pubblicati in E. Novelli, “Lo spot politico e i generi della popolarizzazione”, Comunicazione politica, 3 (2012), pp. 481-508..

Per non disperdere il patrimonio così riunito, l’Università degli studi Roma Tre ha in seguito istituito un archivio digitale, con relativo portale. Negli anni successivi, il progetto è stato proseguito in corrispondenza dei principali appuntamenti elettorali, ampliando la raccolta e valorizzandone l’interpretazione e la contestualizzazione. Negli ultimi anni, l’archivio ha esteso la sua area di interesse avviando la conservazione e lo studio anche di altre forme di materiali elettorali: i manifesti prodotti a partire dal 1993, data individuata come spartiacque per il cambiamento della comunicazione politica, e i materiali social (web card, video ecc.).

Il proposito intorno al quale è nato il progetto è chiaramente quello di riunire, interpretare e rendere accessibili i materiali attinenti alla comunicazione politica, allo scopo di indagare le nuove forme che questa ha assunto e continua ad assumere nella direzione di una maggiore popolarizzazione. Uno scopo dunque prettamente scientifico, al quale si è accompagnata però la realizzazione di uno strumento di facile uso anche per un pubblico più vasto.

Sulla homepage del portale scorrono le notizie relative ai materiali raccolti durante gli ultimi appuntamenti elettorali e una galleria propone una scelta casuale di otto documenti, pensata per mostrare l’ampiezza dell’archivio. Tre sezioni (spot, manifesti, social) introducono le diverse tipologie documentarie, illustrandone i principali caratteri e fornendo alcuni cenni storici circa il loro utilizzo. Una pagina di ricerca consente di interrogare l’intero archivio[12]Attualmente sono accessibili online 3012 documenti. I dati sono aggiornati al 15 marzo 2023. per termine e attraverso l’inserimento di filtri ad hoc: tipologia di materiale; partito o committente; tipologia di elezione; anno; personaggio politico; tema. Per l’individuazione dei temi è stato adottato un thesaurus gerarchico che suddivide alcune macro-aree in soggetti più specifici. La riproduzione di ciascun documento viene visualizzata insieme a una scheda descrittiva che ne illustra gli aspetti grafici, la storia, con relativi elementi di contestualizzazione, e i dati materiali.

Infine, una sezione “Percorsi” consente di seguire alcuni tracciati predeterminati attraverso la documentazione, quali “Antipolitica”, “Leader”, “Seduzione”, “Gente comune”, “Umorismo” ecc. Nelle scelte tematiche, è chiaramente ravvisabile l’intento di proporre un’interpretazione dei materiali, che risulti però al tempo stesso accattivante per ogni tipo di utenza. Sempre in questa logica aperta, nella homepage sono riportati gli elenchi dei documenti e dei percorsi più visitati.

Archivi inventati

Nei due casi appena esaminati siamo di fronte, come accennato, a quelli che si definiscono archivi inventati, ovvero raccolte puramente virtuali di documenti, che radunano materiali provenienti da fondi diversi, intorno a un preciso scopo (narrativo, scientifico, divulgativo ecc.)[13]Sul concetto di “archivio inventato”, cfr. R. Rosenzweig, The road to Xanadu: public and private pathways on the history web, in Id., Clio Wired. The future of the past in the digital age, … Continue reading. Il primo portale assume, più nello specifico, la forma di una vera e propria edizione digitale[14]Non avendo qui lo spazio per approfondire questa tematica rimandiamo, tra gli altri, a F. Michelone, “The critical edition between digital and print: methodological considerations”, Umanistica … Continue reading. Nel secondo caso, invece, uno strumento agile offre al tempo stesso una raccolta liberamente esplorabile e utile per ulteriori approfondimenti e una presentazione di materiali ideata secondo paradigmi interpretativi ben individuabili. Ci sembra dunque questo un tentativo particolarmente riuscito di valorizzazione digitale, nell’ottica di una mediazione tra discorso scientifico e divulgativo, tra specialisti e pubblico ampio. Dal momento che molti dei materiali conservati nascono digitali, il portale costituisce anche un importante tentativo di archiviazione in tal senso.

  1. Da Archivi del Novecento a 9centRo: esperienze di rete a confronto

Come già accennato, in Italia la questione della preservazione degli archivi storici dei partiti è emersa con forza all’inizio degli anni Novanta, in corrispondenza di quello sconvolgimento politico che ha segnato l’inizio della cosiddetta Seconda Repubblica[15]Del dibattito specialistico di quegli anni si trova traccia in Gli archivi dei partiti politici. Atti dei seminari di Roma, 30 giugno 1994, e di Perugia, 25-26 ottobre 1994 cit.; Gli archivi storici … Continue reading.

Un progetto d’avanguardia

In quel periodo nacque un progetto italiano, Archivi del Novecento, all’avanguardia nella valorizzazione digitale della documentazione archivistica[16]Il portale è stato dismesso nel 2012, ma una copia del sito è archiviata e accessibile al seguente link.. Avviato nel 1991, per iniziativa del Consorzio BAICR Sistema Cultura, e grazie alla partecipazione di numerosi istituti culturali, aveva lo scopo ambizioso di creare un punto unificato di accesso alle fonti della storia italiana del secolo scorso. La filosofia del progetto era infatti di «collegare le fonti d’archivio per complementarietà storica e omogeneità dei fondi, non solo al fine di rendere la ricerca storica meno impervia (…), ma soprattutto al fine di integrare le fonti documentali, recuperando le fonti di tipo nuovo che caratterizzano il ‘900»[17]G. Nisticò, Il progetto «Archivi del Novecento». Rete di archivi e integrazione di fonti, in Gli archivi dei partiti politici. Atti dei seminari di Roma, 30 giugno 1994, e di Perugia, 25-26 … Continue reading. Il focus non era sugli archivi politici, ma per la natura degli enti e delle fondazioni che vi aderirono divenne di fatto un riferimento fondamentale in tale campo.

Gli istituti aderenti utilizzavano uno stesso software, condividendo le descrizioni delle risorse documentarie in una banca dati online comune[18]Le informazioni tecniche del progetto sono reperibili al seguente link.. Come evidente, con questo approccio si interveniva specificamente su due questioni, di particolare rilevanza per andare in aiuto dei ricercatori: l’unificazione virtuale delle carte appartenenti a uno stesso soggetto produttore ma disseminate in più luoghi di conservazione; la possibilità di un’interrogazione trasversale attraverso i vari fondi, che consentisse di seguire fili di tipo tematico.

Strumenti per la ricerca

Il progetto rientrava chiaramente all’interno della prima tipologia di digitalizzazioni che abbiamo individuato nella seconda puntata: rivolto a un’utenza di specialisti, consentiva l’esplorazione diretta dell’inventario informatizzato dei fondi, raccolti per istituto, o la ricerca libera, avanzata o specifica (estesa a tutti i patrimoni o limitata solo ad alcuni). Le descrizioni delle unità archivistiche erano dunque richiamabili e collocate all’interno della tipica struttura ad albero rovesciato e le immagini digitali delle carte potevano essere allegate alle singole schede. Si segnala, come sintomo di una particolare sensibilità nel rapporto con l’utenza, il lavoro che all’interno del progetto si è tentato nella direzione di un thesaurus unificato, che guidasse la compilazione del campo “descrittori”, consentendo una raffinazione delle ricerche tematiche[19]Cfr. S. Auricchio et al., “Progetto «Le parole del Novecento – Un thesaurus per gli archivi» della rete Archivi del Novecento”, Archivi, II, 2 (2007), pp. 9-49.. Piuttosto limitati erano invece gli strumenti offerti a un pubblico ampio: delle gallerie di immagini estratte dai fondi e una pagina, abbastanza scarna, di “Letture tematiche”.

In seguito alla chiusura del progetto, la sua mission è stata ripresa, anche se su scala ridotta, dal portale Lazio ‘900, sorto dalla collaborazione di diversi soggetti (Regione Lazio, Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio, società Memoria ecc.)[20]Cfr. M. Tosti Croce, “Il portale Lazio ‘900”, Il mondo degli archivi, 23 novembre 2017.. Nato con lo scopo di non disperdere quanto costruito nell’esperienza precedente, lo strumento si presenta aggiornato da un punto di vista tecnologico[21]Il cambio di piattaforma ha segnato il passaggio dal software condiviso GEA verso il nuovo Archiui. ma in continuità per quanto riguarda i servizi offerti alla propria utenza. Le digitalizzazioni vere e proprie dei materiali schedati possono essere raggiunte, oltre che dalle schede descrittive, da una sezione “Collezioni digitali”, in cui i documenti sono raggruppati per tipologia di supporto (audiovisivo, materiale bibliografico, corrispondenza, fotografie ecc.); l’interrogazione e la presentazione risultano però, in questa sezione, piuttosto farraginose. Il punto di forza resta dunque nella scelta di unificare su un’unica piattaforma le descrizioni di patrimoni altrimenti dispersi, offrendo ai ricercatori possibilità di interrogazione per istituto, per fondo o libera. Secondari nell’organizzazione generale del sito gli aspetti divulgativi e comunicativi.

Dal polo al digitale

Un portale simile nell’impianto ma diretto a un’utenza più ampia è 9centRo, realizzato dal Polo del ‘900, centro culturale torinese che raccoglie i patrimoni di 26 istituti della Regione Piemonte. Anche qui non si tratta di uno strumento esclusivamente diretto agli archivi politici, ma per la natura dei fondi raccolti costituisce un riferimento fondamentale in tal senso.

Occorre osservare, innanzitutto, come in questo caso ci troviamo di fronte a una realtà fisica, prima che digitale, un centro che ha fatto della creazione di uno spazio aperto e della costruzione di un discorso civico e culturale rivolto a tutta la cittadinanza il suo focus principale[22]Cfr. il Report 2021 del Polo del ‘900, scaricabile al seguente link.; segnaliamo, a riprova di questa impostazione, l’attenzione posta nei riguardi dei progetti didattici ed educativi, anche per le scuole, nonché l’intensa produzione di podcast, video, interviste, contenuti fruibili dal sito e dai social del Polo.

Seguendo questa linea, il portale 9centRo, realizzato anch’esso su piattaforma tecnologica Archiui, si mostra immediatamente accogliente nei confronti degli utenti: una barra di ricerca libera è visualizzata in alto a destra, mentre nello scorrere la homepage si delineano in maniera chiara i diversi percorsi che possono essere seguiti dall’utenza, in base a interessi e livello di specializzazione. Dall’elenco degli enti aderenti, identificati con immagini rappresentative, è possibile accedere ai patrimoni conservati e visualizzarne l’inventario online, sotto forma di struttura navigabile; in modo simile, due riquadri rimandano alla consultazione del patrimonio bibliotecario e di quello archivistico, esplorabili tramite un catalogo unificato realizzato ad hoc, che consente la ricerca simultanea sulle diverse tipologie di materiali.

Un portale aperto

Questo motore di ricerca rappresenta uno degli aspetti più interessanti del sito, in quanto consente, come detto, interrogazioni trasversali rispetto sia agli enti conservatori che alle tipologie documentarie, raffinabili attraverso vari criteri. La ricerca restituisce delle schede informative che nel caso dei materiali archivistici permettono di passare immediatamente all’esplorazione dei fondi di provenienza, secondo la loro struttura gerarchica. Numerosi sono i documenti offerti direttamente in formato digitale sul sito: 74.227 immagini, su un totale di 609.501 schede, secondo quanto riportato in evidenza sulla pagina iniziale. Direttamente raggiungibili dall’homepage sono le raccolte digitalizzate di periodici e la “Galleria digitale”, ovvero la raccolta complessiva dei materiali multimediali presenti su 9centRo, l’esplorazione della quale è consentita da un apposito filtro del catalogo generale. In risalto in homepage è posto anche l’indice complessivo dei nomi (persone, riviste, enti ecc.) che compaiono nelle descrizioni dei materiali del portale, bibliografiche o archivistiche che siano, che consente di delineare un ulteriore percorso di ricerca.

L’impronta fortemente generalista del sito, che mira a offrire a tutti gli utenti gli strumenti per esplorare il proprio patrimonio, è evidenziabile sia nelle scelte redazionali adottate nella compilazione delle varie pagine, che descrivono in modo semplice e piano i diversi percorsi che possono essere intrapresi, sia nella scelta di rendere dominante l’elemento visivo, che ha l’indubbia capacità di attrarre l’attenzione degli utenti e generare curiosità. Questa attitudine raggiunge il suo massimo in un’altra sezione che viene offerta in homepage, quella denominata “Storie e percorsi”: la pagina propone una raccolta di materiali raggruppati per temi, persone e storie. Esplorando un singolo percorso, ad esempio “Tessere il filo della democrazia. Bianca Guidetti Serra”, si accede a una mostra virtuale, navigabile e interattiva, realizzata come presentazione Prezi, che può essere esplorata in varie direzioni sulla base delle suggestioni dell’utente, attraverso l’accostamento di descrizioni sintetiche e immagini. Il Polo sembra d’altronde impegnato ad approfondire il suo rapporto con il digitale, nella direzione di un accesso sempre più diversificato e ricco dell’utenza al patrimonio archivistico, come testimonia il progetto Smart Archive Search (SAS)[23]Dalla presentazione del progetto: SAS «si propone di costruire un nuovo rapporto fra i cittadini e i beni archivistici. Nella relazione con gli archivi entrano in scena gli smart agent: software … Continue reading.

Percorsi di cittadinanza

Anche nella forma attuale, la piattaforma 9centRo costituisce però un esempio molto moderno di quelle digital library, di cui abbiamo parlato nella seconda puntata, fortemente integrate e interoperabili, che accompagnano al rigore della descrizione modalità differenziate di fruizione del patrimonio. Rientra dunque tra quei portali che consentono «di interrogare i dati senza le tradizionali barriere disciplinari» e offrono soluzioni che sostengono «una visione plurale», «percorsi di serendipità», agevolando «la creazione di comunità»[24]G. Michetti, “Se un leone potesse parlare, noi non potremmo capirlo. La comunicazione del patrimonio culturale in ambiente digitale”, AIB Studi, 58, 2 (2018), p. 218. Si mantiene peraltro un equilibrio tra un proposito “narrativo”, e specificamente civico, perseguito attraverso strumento ideati ad hoc e la preservazione della possibilità di un accesso “neutro” alle fonti, che consenta di esplorarne autonomamente connessioni e intrecci, senza limitare a percorsi predeterminati. La riuscita di questo modello è testimoniata dal numero crescente di accessi al portale (56.000 nel 2022, contro i 17.000 del 2021)[25]“Polo del ‘900: raddoppiano visitatori, 48mila nel 2022”, Ansa.it, 30 dicembre 2022., nonché dai riconoscimenti internazionali conseguiti[26]Il Polo è stato inserito nella World Heritage Canopy Platform dell’Unesco, che raccoglie le esperienze mondiali più innovative nell’integrazione della conservazione del patrimonio con lo … Continue reading.

Sulla base del raffronto con questa esperienza, verrebbe da domandarsi se lo scarso interesse nell’utilizzo dei mezzi digitali in ottica divulgativa da parte delle istituzioni esaminate nella prima parte di questa puntata non sia legato anche all’esercizio di una qualche forma di “memoria possessiva”[27]Il concetto è stato proposto da Braunstein in riferimento ai protagonisti dei movimenti degli anni Sessanta, cfr. P. Braunstein, “La memoria possessiva e la generazione degli anni Sessanta”, … Continue reading da parte di esse, nate in gran parte da quelle stesse comunità politiche di cui conservano le carte. L’uso puramente imitativo[28]Per questo concetto, cfr. J. Mussell, Doing and making. History as digital practice, in T. Weller (ed.), History in the Digital Age, Routledge, London and New York 2013, p. 80. che del digitale viene fatto in quei progetti, a ricalcare strumenti analogici di ricerca e ordinamento, li mantiene molto distanti da un’idea aperta e condivisa di valorizzazione delle fonti archivistiche. Predominante sembra, per quegli istituti, il proprio ruolo conservativo, piuttosto che il tentativo di costituirsi, sulla base dei patrimoni di cui sono custodi, come agenti impegnati a tutt’oggi nella costruzione di cittadinanza e memoria[29]Per una critica partigiana all’uso degli archivi da parte delle fondazioni culturali, cfr. A. Benassi (ed.), “Gli archivi delle fondazioni sono visti solo dagli addetti ai lavori. Intervista con … Continue reading.

L’esperienza del Polo del ‘900 mostra invece come un centro culturale nato con una forte impronta civica, diretto al coinvolgimento attivo della cittadinanza, abbia ricercato nella resa digitale del proprio patrimonio gli strumenti più adeguati per perseguire le stesse finalità nel nuovo contesto[30]Sullo stesso genere, possiamo citare l’esperienza inglese del Labour History Archive & Study Centre, legato al People’s History Museum di Manchester. L’istituto raccoglie le testimonianze … Continue reading.

Una strada in divenire

Come hanno argomentato Roy Rosenzweig e Daniel J. Cohen, l’uso di internet per offrire e raccogliere le testimonianze storiche dovrebbe poggiare su una visione ben precisa: «it is undoubtedly a more democratic form of history than found in selective physical archives or nicely smoothed historical narratives, and it shares democracy’s messiness, contradictions, and disorganization—as well as its inclusiveness, myriad viewpoints, and vibrant popular spirit»[31]R. Rosenzweig, D. J. Cohen, Collecting history online, in R. Rosenzweig, Clio Wired cit., p. 151.. Quanto scritto dai due autori ci appare particolarmente significativo se applicato alla resa digitale degli archivi politici in senso ampio, definibili anche come archivi della partecipazione, cui abbiamo dedicato questa puntata. Anche se inevitabilmente il discorso coinvolge la stessa natura istituzionale degli enti che si fanno promotori di questi progetti e la loro mission culturale.

Come già sostenuto nel corso di questa ricerca, il modello che si adotta non è neutro, ma porta con sé una stratificazione di scopi e significati. Accettare pienamente la democratizzazione che l’ambiente digitale comporta dovrebbe indurre i promotori di tali progetti ad arricchire le proprie prospettive, andando nella direzione di una sempre maggiore integrazione di lavoro scientifico e più genericamente culturale e divulgativo. Il pubblico variegato cui la rete espone chiama con gran forza un supplemento di riflessione, perché i propri contenuti possano essere realmente, e non solo materialmente, accessibili a tutti, e perché nella condivisione si arricchisca al contempo la solidità e la varietà del proprio discorso scientifico[32]Per un esempio interessante in tal senso, cfr. il caso dell’Aspi – Archivio storico della psicologia italiana, cui abbiamo fatto riferimento nella seconda puntata..

Questa strada appare, relativamente agli archivi politici italiani, ancora tutta in divenire, tranne poche eccezioni. Per la tipologia di materiali conservati sembra però particolarmente seducente l’idea di un lavoro sempre più consistente per passare da una fruizione tutto sommato canonica degli archivi della partecipazione a una loro reale partecipazione digitale.

References

References
1 Coordinato da Luca Gorgolini (Unirsm), da Michele Chiaruzzi (Unibo; Unirsm), e dal nostro direttore, Massimo Mastrogregori, il progetto si è avvalso della consulenza scientifica di un gruppo di ricerca composto, oltre che dai coordinatori, da Rosa Gobbi (Archivio di Stato della Repubblica di San Marino), Isabella Manduchi (Archivio di Stato della Repubblica di San Marino), Matteo Sisti (Memorie di Marca) e Stefano Vitali (già direttore dell’Istituto centrale per gli archivi). Il censimento è stato realizzato da Damiano Muccioli, mentre alla proposta di digitalizzazione hanno lavorato, per il nostro centro, Alessandro Fiorentino e Andreas Iacarella.
2 Il video mockup del portale è accessibile a questo link.
3 L. Giuva, Natura degli archivi politici: considerazioni e problematiche, in M. Valentini (ed.), Gli archivi della politica. Atti del Convegno. Firenze, 11 aprile 2012, Consiglio regionale della Toscana, Firenze 2016, p. 13.
4 M. Ridolfi, Storia dei partiti e storia della politica per l’Italia contemporanea. Temi e fonti per un approccio comparativo, in Gli archivi dei partiti politici. Atti dei seminari di Roma, 30 giugno 1994, e di Perugia, 25-26 ottobre 1994, Ministero per i beni culturali e ambientali, Roma 1996, p. 32.
5 L. Giuva, Natura degli archivi politici cit., p. 14.
6 Ibid.
7 Per queste questioni cfr. D. Taraborelli, “Le cose davvero serie e gravi non le mettono mai per iscritto”. Formalizzare l’informalità: gli archivi dei partiti politici tra centro e periferia in Italia, intervento al seminario di formazione Gli archivi dei partiti dalla carta al digitale, Università degli studi della Repubblica di San Marino, 2 dicembre 2022.
8 Il progetto è frutto della collaborazione della Fondazione Gramsci con i diversi istituti Gramsci della Penisola, l’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, l’Associazione Enrico Berlinguer-Rete delle fondazioni democratiche, l’Istituto Nazionale Ferruccio Parri-Rete degli Istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea; la parte tecnica è stata curata da Regesta.exe.
9 I temi individuati sono: vita privata, politica nazionale, politica internazionale, politica locale, religione, cultura, economia, società.
10 I criteri editoriali e le linee guida adottate nel lavoro sono consultabili online.
11 I risultati della ricerca sono stati pubblicati in E. Novelli, “Lo spot politico e i generi della popolarizzazione”, Comunicazione politica, 3 (2012), pp. 481-508.
12 Attualmente sono accessibili online 3012 documenti. I dati sono aggiornati al 15 marzo 2023.
13 Sul concetto di “archivio inventato”, cfr. R. Rosenzweig, The road to Xanadu: public and private pathways on the history web, in Id., Clio Wired. The future of the past in the digital age, Columbia UP, New York 2011, pp. 203-235.
14 Non avendo qui lo spazio per approfondire questa tematica rimandiamo, tra gli altri, a F. Michelone, “The critical edition between digital and print: methodological considerations”, Umanistica Digitale, 5, 10 (2021), pp. 25-48.
15 Del dibattito specialistico di quegli anni si trova traccia in Gli archivi dei partiti politici. Atti dei seminari di Roma, 30 giugno 1994, e di Perugia, 25-26 ottobre 1994 cit.; Gli archivi storici dei partiti politici europei. Atti del Convegno, Roma 13-14 dicembre 1996, Ministero per i beni e le attività culturali, Roma 2001; S. Suprani (ed.), Gli archivi dei partiti e dei movimenti politici: considerazioni archivistiche e storiografiche, Archilab, San Miniato 2001.
16 Il portale è stato dismesso nel 2012, ma una copia del sito è archiviata e accessibile al seguente link.
17 G. Nisticò, Il progetto «Archivi del Novecento». Rete di archivi e integrazione di fonti, in Gli archivi dei partiti politici. Atti dei seminari di Roma, 30 giugno 1994, e di Perugia, 25-26 ottobre 1994 cit., pp. 251-252.
18 Le informazioni tecniche del progetto sono reperibili al seguente link.
19 Cfr. S. Auricchio et al., “Progetto «Le parole del Novecento – Un thesaurus per gli archivi» della rete Archivi del Novecento”, Archivi, II, 2 (2007), pp. 9-49.
20 Cfr. M. Tosti Croce, “Il portale Lazio ‘900”, Il mondo degli archivi, 23 novembre 2017.
21 Il cambio di piattaforma ha segnato il passaggio dal software condiviso GEA verso il nuovo Archiui.
22 Cfr. il Report 2021 del Polo del ‘900, scaricabile al seguente link.
23 Dalla presentazione del progetto: SAS «si propone di costruire un nuovo rapporto fra i cittadini e i beni archivistici. Nella relazione con gli archivi entrano in scena gli smart agent: software intelligenti che, utilizzando tecniche come l’Analisi di Linguaggio Naturale e la computer vision, navigano gli archivi e ne “leggono” automaticamente i contenuti (testi, audio, video) imparando progressivamente a riconoscere forme, colori e concetti ricorrenti. Grazie agli smart agent è possibile superare le classiche ricerche per parola-chiave, accedendo a interfacce sempre più intuitive e naturali, online e offline, basate anche sul gesto e sulla voce e soprattutto su nuove modalità concettuali. Il progetto utilizza inedite modalità di ricerca-azione che aggiungono all’aspetto tecnologico quello partecipativo-performativo».
24 G. Michetti, “Se un leone potesse parlare, noi non potremmo capirlo. La comunicazione del patrimonio culturale in ambiente digitale”, AIB Studi, 58, 2 (2018), p. 218
25 “Polo del ‘900: raddoppiano visitatori, 48mila nel 2022”, Ansa.it, 30 dicembre 2022.
26 Il Polo è stato inserito nella World Heritage Canopy Platform dell’Unesco, che raccoglie le esperienze mondiali più innovative nell’integrazione della conservazione del patrimonio con lo sviluppo sostenibile.
27 Il concetto è stato proposto da Braunstein in riferimento ai protagonisti dei movimenti degli anni Sessanta, cfr. P. Braunstein, “La memoria possessiva e la generazione degli anni Sessanta”, Ácoma. Rivista internazionale di studi nordamericani, VI, 15 (1999), pp. 70-75.
28 Per questo concetto, cfr. J. Mussell, Doing and making. History as digital practice, in T. Weller (ed.), History in the Digital Age, Routledge, London and New York 2013, p. 80.
29 Per una critica partigiana all’uso degli archivi da parte delle fondazioni culturali, cfr. A. Benassi (ed.), “Gli archivi delle fondazioni sono visti solo dagli addetti ai lavori. Intervista con Gianni Minà”, gramsciforthehumanities.org, 15 dicembre 2022.
30 Sullo stesso genere, possiamo citare l’esperienza inglese del Labour History Archive & Study Centre, legato al People’s History Museum di Manchester. L’istituto raccoglie le testimonianze relative alla storia politica e sociale del Regno Unito; per quanto riguarda la parte archivistica sono conservati, tra gli altri, il Labour Party Archive, il Communist Party of Great Britain Archive, un’ampia raccolta di materiali legati al Cartismo ecc.
31 R. Rosenzweig, D. J. Cohen, Collecting history online, in R. Rosenzweig, Clio Wired cit., p. 151.
32 Per un esempio interessante in tal senso, cfr. il caso dell’Aspi – Archivio storico della psicologia italiana, cui abbiamo fatto riferimento nella seconda puntata.

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