[Nel corso dell’anno accademico 2021/2022, il Gramsci centre for the humanities ha preso parte a un progetto d’ateneo dell’Università degli studi della Repubblica di San Marino dal titolo Gli archivi politici sammarinesi: censimento, digitalizzazione, fruizione[1]Coordinato da Luca Gorgolini (Unirsm), da Michele Chiaruzzi (Unibo; Unirsm), e dal nostro direttore, Massimo Mastrogregori, il progetto si è avvalso della consulenza scientifica di un gruppo di … Continue reading.
L’esito finale di questo lavoro sarà la pubblicazione di una guida agli archivi censiti di personalità e partiti politici, arricchita di approfondimenti teorici, che si configurerà come un primo indispensabile strumento di accesso ai patrimoni presenti sul territorio della Repubblica; accanto a ciò, come Gramsci centre, abbiamo provato a ragionare sulla formulazione di una proposta di digitalizzazione del materiale individuato, che ne predisponga la fruizione e la più ampia valorizzazione[2]Il video mockup del portale è accessibile a questo link..
Nella nostra prospettiva, l’occasione è stata però preziosa anche per impostare un primo lavoro di studio generale sulle diverse possibilità e forme di riversamento, resa e fruizione dei documenti archivistici in ambiente digitale. L’attenzione a come la rivoluzione digitale sta cambiando le modalità di produzione, elaborazione, consumo della cultura e della conoscenza, nelle sue svariate declinazioni, è infatti una delle direttive che guidano il lavoro del nostro centro fin dalla sua fondazione.
Il primo frutto di questa riflessione saranno quattro uscite, curate da Andreas Iacarella, che si configurano come un tentativo di approfondire il dialogo e la riflessione su un tema che appare quanto mai urgente sollecitare. Siamo certi che il carattere tecnico e scientifico del discorso non possa essere eluso, e che dunque il dibattito dovrà essere sempre più portato in una dimensione di estrema interdisciplinarietà, che coinvolga tutti gli attori in causa: professionisti della comunicazione, del knowledge design, dell’informatica, specialisti dei beni culturali (archivisti, bibliotecari, curatori ecc.), nonché storici, storici dell’arte e tutte quelle categorie di studiosi che degli archivi rappresentano i tradizionali fruitori. I diversi saperi dovranno non solo parlarsi, ma intrecciarsi, ibridarsi, perdendo certamente qualcosa delle loro specificità, a vantaggio però di una più avanzata progettualità degli ambienti digitali archivistici, che possa farsi avanguardia nella costruzione della memoria comune delle collettività di riferimento. In quest’ottica, quanto vogliamo offrire non è che un piccolo contributo critico alla discussione, con la presentazione di alcuni problemi e questioni generali, nella speranza che ciò possa suscitare ulteriori riflessioni.
Sommario delle puntate:
1. I beni culturali in ambiente digitale: dal catalogo al web semantico, problematiche e prospettive
2. Archivi nella rete: strategie e modelli
a. Dall’inventario online alla digital library: esperienze a confronto
b. Costruire una narrazione: i percorsi della storia nel web
3. Gli archivi della politica sul web
a. Gli archivi politici italiani e la sfida di internet: un percorso accidentato
b. Lettere e spot: due casi riusciti di valorizzazione
c. Da Archivi del Novecento a 9centRo: esperienze di rete a confronto
4. Il caso Europeana e altre esperienze internazionali di condivisione della memoria]
Vogliamo concludere questa presentazione analitica sulle diverse modalità di digitalizzazione degli archivi muovendoci oltre i confini italiani, per esaminare il lavoro che è stato realizzato su alcuni portali internazionali. Come si vedrà, nei progetti presi in considerazione nella presente puntata la scala è decisamente più vasta rispetto ai casi esaminati fino ad ora, e il coinvolgimento degli enti promotori è in massima parte orientato da scelte e politiche di natura istituzionale; la combinazione di questi due elementi ha chiaramente favorito la realizzazione di strumenti rivolti a un pubblico ampio e percorsi da una funzione pubblica, di costruzione identitaria, sulla quale sarà utile offrire alcuni spunti di riflessione.
- Europeana: dalla condivisione del patrimonio alla condivisione delle storie
A livello europeo, l’esempio certamente più celebre e ad ampio respiro è il portale Europeana. Realizzato nel 2008 per impulso della Commissione europea, Europeana è una digital library che mira a rappresentare il punto unificato di accesso alle diverse banche dati sparse per l’Europa. Nasce dunque, fondamentalmente, come un motore di ricerca dedicato al patrimonio culturale europeo, che interroga le descrizioni dei materiali (documenti, opere ecc.) realizzate ad hoc o condivise dalle diverse istituzioni o enti.
Attualmente, sul portale sono accessibili 31.434.058 immagini, 23.982.245 testi, 667.011 audio, 343.505 video e 5.955 oggetti 3D[3]I dati sono aggiornati al 27 marzo 2023.; il sito è consultabile in 25 lingue diverse e raccoglie materiali da circa 4.000 istituzioni. Essendo impensabile lavorare in rete con tutte, il progetto si è strutturato attraverso una serie di partner affiliati, che fungono da aggregatori e svolgono un lavoro di verifica e arricchimento dei dati forniti (geolocalizzazione, connessione con altri materiali o set di dati tramite luoghi, persone o temi associati ecc.). Aggregators’ Forum, Europeana Foundation ed Europeana Network Association sono le tre organizzazioni continentali che coordinano le diverse fasi del lavoro alla base della realizzazione del portale.
Siamo, come detto, di fronte a un progetto di dimensioni enormemente più consistenti rispetto a quelli visti nelle precedenti puntate, che rientra tra l’altro in una precisa policy delle istituzioni europee, volta alla condivisione del patrimonio, al dialogo e all’integrazione. Fin dalla homepage, è evidente che il portale si offre a un pubblico quanto mai variegato: lo strumento iniziale di accesso è una barra di ricerca semplice, in stile Google. Proseguendo nell’esplorazione, è possibile inserire numerosi filtri per perfezionare l’interrogazione, tra cui: tema (che può essere selezionato tra una lista definita)[4]Nella lista sono compresi: archeologia, arte, fotografia, giornali, migrazioni, moda ecc.; tipo di supporto; copyright; paese fornitore; lingua; colore; orientamento immagine ecc. Come evidente dalla scelta di questi campi, si è tentato di prevedere un uso e un riuso quanto mai vario dei materiali.
Protagonismo dell’utenza
Una volta identificato un documento, è possibile accedere alla scheda relativa, che elenca le informazioni di base (geolocalizzazione; indicizzazione di personaggi e luoghi; istituzione fornitrice) e i metadati completi dello stesso. Si può inoltre proseguire l’esplorazione visionando le collezioni e i documenti correlati, che sono posti in evidenza, nonché salvare e condividere i contenuti sui principali social network. Uno degli aspetti più interessanti di Europeana è proprio il protagonismo offerto all’utenza, che registrando il proprio account può creare “collezioni” personali (private o pubbliche), aggregando liberamente i materiali reperiti nel portale. Un altro aspetto di questo protagonismo è il coinvolgimento degli utenti nella realizzazione di specifici progetti: sia per Europeana 1914-1918, che per altre campagne di raccolta di materiali (come Europeana migration), si è attivato uno specifico strumento per condividere “storie” personali. Questo ha, con tutta evidenza, un duplice valore: da un lato ha la potenzialità di intercettare documenti e materiali che non rientrano negli istituti e nei circuiti abituali di conservazione; dall’altro, si offre ai cittadini europei un coinvolgimento diretto che aiuta, idealmente, a tessere un’identità collettiva. Le storie singole o familiari, infatti, possono diventare in questo modo tracce di una storia collettiva, aumentando la consapevolezza di una comune appartenenza e riconnettendo la dimensione individuale del proprio vissuto a fenomeni di portata più ampia. La centralità di questo scopo prettamente “politico”, in senso ampio, del portale è evidente nella presentazione degli strumenti di condivisione delle proprie memorie individuali[5]«Sharing your migration history can help us to tell a really big story – the story of Europe and the people who live here. Your story is part of Europe’s rich and shared history of … Continue reading.
Sempre a proposito del forte coinvolgimento dell’utenza, si segnala anche lo strumento Europeana transcribe, che permette potenzialmente e chiunque di partecipare all’arricchimento dei materiali digitali presenti sul portale attraverso trascrizione e annotazione degli stessi; per formare allo svolgimento di questi compiti sono offerti specifici tutorial.
Servizi e riuso
Oltre ai contenuti user-generated, Europeana offre anche strumenti qualificati di narrazione o contestualizzazione storica, e percorsi predeterminati attraverso le fonti. Le collezioni possono infatti essere esplorate per temi, già citati, che rappresentano gli aggregatori più generali; argomenti (identificati secondo un lemmario consultabile); secolo; gallerie; “storie”. Le gallerie sono la forma più semplice di curatela dei materiali e si limitano a raccogliere una sequenza di documenti selezionati sulla base di omogeneità tematica (es.: “Suffragettes”, “Black musicians who changed music forever” ecc.). Nelle “storie” rientrano invece sia articoli pubblicati sul sito, che vere e proprie mostre. In entrambi i casi si fa ampio uso dei materiali disponibili sul portale, la differenza sta nella maggiore ricchezza delle esibizioni, solitamente articolate in più capitoli (un buon esempio è la mostra “A female lens. Women, society and the history of photography”). In tutti i casi, quanto si offre è una narrazione, più o meno complessa, che introduce l’utente ai documenti conservati e può risultare un primo punto di accesso per approfondire ulteriormente le ricerche. È evidente il grande lavoro redazionale alla base di questi aspetti del portale, che è ulteriormente arricchito attraverso la possibilità offerta agli utenti di proporre autonomamente articoli o mostre.
La vastità del pubblico cui Europeana si rivolge e la differenziazione dei servizi è esplicitata nella stessa presentazione dello strumento, che alla voce “reuse” identifica quattro principali aree di fruizione, per le quali sono implementati strumenti specifici: education[6]Per il mondo della scuola sono messi a disposizione, per insegnanti e studenti di ogni ordine e grado, due diversi servizi, Historiana e Europeana Classroom, nonché il blog Teaching with Europeana, … Continue reading, research, creatives, culture lovers. Questo aspetto è particolarmente interessante, perché si distacca in maniera sensibile da quella che è la policy abituale di accesso ai materiali archivistici: qui i documenti, o almeno parte di essi, vengono esplicitamente messi a disposizione per un loro riutilizzo a scopo educativo ma anche creativo (grafica, videogiochi, app ecc.).
Attraverso Europeana Pro, la piattaforma rivolta ai professionisti, è infine «possibile trovare tutte le specifiche e le soluzioni tecniche per condividere su Europeana Collections»; queste funzionalità sono disponibili solo per utenti qualificati, data la loro specificità, «basti pensare al set di API messe a disposizione, utilizzate per migliorare l’esperienza di navigazione e ricerca»[7]D. Segoni, “I servizi offerti da una digital library”, DigItalia, XVI, 1 (2021), p. 52..
Europeana Data Model
Da quanto detto ci sembra dunque chiaro come uno degli aspetti più interessanti di Europeana sia la ricchezza e la varietà dei servizi offerti, fortemente differenziati per andare incontro alle diverse tipologie di utenza. Vale però la pena concentrarsi, almeno per qualche accenno, anche sulle questioni di natura più specificamente tecnica: come sarà risultato evidente, una delle caratteristiche distintive del portale è di offrire su un’unica piattaforma l’accesso a tipologie differenti di materiali, provenienti da biblioteche, archivi, musei ecc. (il dominio MAB, Musei Archivi Biblioteche, o GLAM, Galleries Libraries Archives Museums)[8]Cfr. S. Bruni et al., “Towards the integration of archives, libraries and museums”, JLIS. Italian journal of library, archives and information science, 7, 1 (2016), pp. 225-244.. Il portale «cumula, attraverso l’interoperabilità dei linguaggi descrittivi degli oggetti digitali, le risorse di numerose istituzioni culturali»[9]S. Noiret, Storia contemporanea digitale, in R. Minuti (ed.), Il web e gli studi storici. Guida critica all’uso della rete, Carocci, Roma 2015, pp. 291-292., sfruttando a pieno le potenzialità del web semantico e dell’interconnessione dei metadati. Attraverso l’Europeana Data Model (EDM) si è tentato infatti di allineare «gli standard rappresentativi di tipologie documentarie diverse» e «conciliare punti di osservazione differenti»[10]F. Tomasi, Organizzare la conoscenza: Digital Humanities e web semantico. Un percorso tra archivi, biblioteche e musei, Editrice Bibliografica, Milano 2022, p. 64., per creare uno strumento che riuscisse a tenere insieme la ricchezza descrittiva di ciascun dominio con i principi di una vasta interoperabilità e il paradigma dei Linked Open Data (LOD).
EDM si è così costituito come «an open, cross-domain Semantic Web-based framework that can accommodate particular community standards such as LIDO, EAD or METS»[11]A. Isaac (ed.), Europeana Data Model Primer, Europeana-European Union, 14 luglio 2013, p. 6.; aderendo ai principi ispiratori del Semantic Web, secondo i quali «there is no such thing as a fixed schema that dictates just one way to represent data», EDM può essere visto « as an anchor to which various finer-grained models can be attached, making them at least partly interoperable at the semantic level, while the data retain their original expressivity and richness»[12]Ivi, p. 5.. Non abbiamo qui lo spazio per approfondire le caratteristiche tecniche del modello[13]Una breve presentazione è raggiungibile qui., ma risulta manifesto il grande lavoro svolto per valorizzare a pieno una piattaforma cross culturale, multilingue e che raccoglie materiali con provenienze, e quindi standard descrittivi, fortemente differenziati.
Da quanto detto, appare evidente come il portale aderisca a un preciso scopo istituzionale, che viene perseguito favorendo la più ampia partecipazione possibile degli utenti e la maggiore visibilità dei materiali raccolti. La digital library non si struttura come un semplice deposito, il compito conservativo appare scivolare in secondo piano, di fronte alla sua valenza come strumento di partenza per la realizzazione di altri progetti e iniziative[14]Per rendere l’orizzonte nel quale Europeana si situa è sufficiente riportare alcune righe dal piano strategico 2020-2025: «Europeana sees a cultural heritage sector transformed by having digital … Continue reading.
b. Digital Public Library of America e National Centre for Truth and Reconciliation: promozione e costruzione della cittadinanza
Su un modello simile è stata realizzata la Digital Public Library of America, che condivide con la sua sorella europea tanto la struttura che l’obiettivo di divulgazione e “formazione” della cittadinanza[15]Al punto che un pioniere della digital public history come Serge Noiret ha preconizzato che, «grazie al web semantico e all’interconnessione tra metadati, potrebbe fondere i suoi contenuti con … Continue reading.
Il lancio ufficiale del portale è avvenuto nel 2013, dopo un lungo processo di progettazione e scambio che ha coinvolto i diversi specialisti in campo (bibliotecari, archivisti, curatori, digital humanist ecc.) ed è stato coordinato dal Berkman Klein Center for Internet & Society della Harvard University, con il supporto della Alfred P. Sloan Foundation. La DPLA ha d’altronde fatto tesoro di precedenti esperienze di digitalizzazione massiva, come quelle realizzate dalla Library of Congress e dall’Internet Archive, valorizzando i dati delle singole istituzioni in una dimensione interconnessa e sottraendoli al rischio di isolamento in silos proprietari. Si è così realizzato uno strumento che si configura come punto di accesso unificato al patrimonio di archivi, biblioteche e musei sparsi su tutto il territorio degli Stati Uniti d’America[16]Tra i principali partner contributori: National Archives and Records Administration (17.524.422 documenti digitali), Smithsonian Institution (7.423.214), HathiTrust (3.033.985), California Digital … Continue reading.
Anche in questo caso lo scopo istituzionale del progetto è ben definito: la DPLA «empowers people to learn, grow, and contribute to a diverse and better-functioning society by maximizing access to our shared history, culture, and knowledge»[17]Digital Public Library of America strategic roadmap, 2019-2022. Collaborating for equitable access to knowledge for all, DPLA, giugno 2019, p. 1.. A questa mission corrisponde un’impostazione grafica e dei servizi user-friendly, che predilige l’elemento visivo rispetto a quello testuale e favorisce un accesso ricco e differenziato. Oltre alla consueta barra di ricerca semplice, cui sono applicabili numerosi filtri per perfezionare l’interrogazione, i documenti sono raggiungibili attraverso percorsi tematici, mostre o ricerche per partner (soggetto conservatore).
Varietà dei servizi
Evitando di ripetere qui osservazioni già proposte rispetto al portale Europeana, ci limiteremo a mettere in evidenza la natura e la varietà dei servizi disponibili. Guide specifiche sono messe a disposizione degli utenti per illustrare i diversi possibili utilizzi del portale: education; family research, che rappresenta un settore di utenza molto consistente negli Stati Uniti[18]A testimonianza di ciò, si segnala la pagina di strumenti Resources for Genealogists messa a disposizioni dai National Archives.; lifelong learning; scholarly research; developers. Attraverso queste guide si traghettano i diversi fruitori verso l’approccio a loro più congeniale nell’esplorazione dell’enorme mole di documenti resi disponibili sul sito. A ciascun utente è offerta inoltre la possibilità di creare liste personalizzate, per serbare traccia delle proprie ricerche. Come Europeana, anche la DPLA offre un portale specifico per i professionisti e le istituzioni che vogliono adottarne gli strumenti[19]Uno degli aspetti più interessanti a questo proposito è il Palace Marketplace, un marketplace specializzato in audiolibri ed ebook che mira a massimizzare l’accesso ai documenti, realizzato … Continue reading o mettere in condivisione il loro patrimonio.
Vale la pena dire qualcosa in più degli strumenti orientati al mondo della scuola e della formazione: dei primary source set, ricercabili sia per soggetto che per periodo, offrono agli insegnanti selezioni preconfezionate di fonti che possono essere direttamente condivise su Google Classroom, e sono accompagnate da una guida all’uso e da riferimenti di base. Oltre a ciò, nel tempo sono stati attivati numerosi progetti e iniziative, accessibili anche direttamente agli studenti. In questa specifica attenzione al mondo dell’educazione è rinvenibile un altro esempio di quanto già osservavamo per Europeana, ovvero dell’uso del patrimonio culturale digitalizzato come strumento per rafforzare il proprio senso di appartenenza a una comunità e a una storia condivisa.
Riconciliazione digitale
Un altro esempio cui vorremmo brevemente far cenno, sempre nordamericano, sono gli archivi del National Centre for Truth and Reconciliation (NCTR), presso l’Università di Manitoba. I lavori del centro sono stati avviati nel 2008, in conseguenza della firma dell’Indian Residential Schools Settlement Agreement; con quest’atto il governo canadese ha avviato una commissione, la Truth and Reconciliation Commission (TRC), per indagare e raccogliere fonti e testimonianze in relazione ai tragici fatti legati al Canadian Indian residential school system, nonché per promuoverne la memoria e avviare un percorso di riconciliazione con le popolazioni indigene.
Un «cultural genocide»[20]Honouring the truth, reconciling for the future. Summary of the Final Report of the Truth and Reconciliation Commission of Canada, The Truth and Reconciliation Commission of Canada, 2015, p. 1., così è stato definito quanto avvenuto in Canada tra la fine dell’Ottocento e il 1996 ai danni delle popolazioni native; attraverso il sistema delle residential school, allo scopo di “civilizzare” le popolazioni aborigene i bambini venivano sottratti alle famiglie di appartenenza divenendo vittime, oltre che del tentativo di assimilazione culturale, di violenze di vario genere. Siamo qui di fronte, dunque, a una situazione molto specifica, legata a eventi storici recenti particolarmente tragici, che hanno coinvolto direttamente le istituzioni pubbliche che ora ne promuovo lo studio e la memoria. Fortissimo appare, in questo caso, l’uso “politico” delle tracce archivistiche, che diventano veicolo per promuovere una nuova immagine dello stato canadese, e una nuova concezione di cittadinanza.
L’idea di un archivio digitale è nata dall’esigenza di rendere accessibile tutta la documentazione raccolta e prodotta dalla commissione durante il suo lavoro di indagine e ricostruzione storica (oltre 7.000 testimonianze dirette, documenti ecclesiastici e statali, fotografie ecc.)[21]Come segnalato da Dario Taraborelli, il lavoro della TRC ha avuto anche altri esiti archivistici consistenti, avendo dedicato due delle 94 Calls to action della propria relazione finale a queste … Continue reading. È stato così realizzato un portale di facile utilizzo e dal forte impatto visivo, che offre la possibilità di ricercare tra i documenti raccolti in piena libertà o sulla base di alcuni filtri pensati ad hoc: schools; events; record types; subjects; places. Dalla homepage è anche possibile raggiungere direttamente le Featured collections, raccolte tematiche di materiali, e la mappa interattiva che permette di localizzare le residential school, gli eventi e le sedi dove si sono svolte le udienze della Commissione, e raggiungere così la relativa documentazione. Molto risalto è dato, sul portale, anche alle modalità di condivisione delle proprie memorie o storie personali e familiari, che potranno andare ad arricchire il portale o gli eventi organizzati dal centro.
Storie contese
Fatti questi pochi cenni sulla struttura formale, vorremmo però concentrarci sulle problematicità che questo modello presenta da un punto di vista di narrazione culturale e storica. L’intero portale è impostato, anche a livello redazionale e comunicativo, nella direzione di una maggiore inclusività possibile: l’uso insistito di “you”/“your” in relazione alle attività e ai materiali conservati vuole sottolineare la natura collettiva e condivisa del patrimonio, come base di una comunque costruzione identitaria, che è in continuo divenire e ha necessità di un’ampia partecipazione. La memoria delle residential school si è dimostrata però una realtà particolarmente «complessa e conflittuale da affrontare collettivamente»[22]D. Taraborelli, “Il complesso retaggio delle Residential Schools in Canada” cit. . Questo anche in virtù della scelta, operata a livello istituzionale, di investire la commissione di un compito esclusivamente informativo e di raccolta delle informazioni, escludendo qualsiasi mandato di tipo giudiziario. La narrazione delle vittime è diventato quindi il cuore dell’intera operazione[23]Cfr. R. Niezen, “The limits of truth telling: victim-centrism in Canada’s Truth and Reconciliation Commission on Indian Residential Schools”, Allegra Lab, gennaio 2015., come strumento che sarebbe in grado di per sé di «sanare traumi e riconciliare la storia del Paese con la memoria della violenza subita»[24]D. Taraborelli, “Il complesso retaggio delle Residential Schools in Canada” cit..
L’intera operazione, culminata nella pubblicazione del portale, ha senza dubbio avuto il merito di favorire una maggiore consapevolezza a proposito degli archivi nella cittadinanza, che si è trovata ad essere testimone diretta delle potenzialità della documentazione archivistica nella direzione di percorsi di ricostruzione storica collettiva. Tuttavia, il discorso sulle residential school resta a tutt’oggi una memoria fortemente in conflitto in Canada[25]Segnaliamo, a questo proposito, la richiesta che è stata avanzata da alcune popolazioni indigene, e accolta dalla Corte suprema canadese, per rivendicare la proprietà delle vittime sulle proprie … Continue reading, segno di come lo strumento archivistico, reso accessibile in maniera massiva sul web, possa essere un elemento utile per processi di rielaborazione storica collettiva, ma debba essere necessariamente inserito all’interno di un lavoro consistente e denso da parte di tutti gli attori in causa.
Memoria come sforzo collettivo
Come sottolineato da Stefano Vitali, il «potere degli archivi non si esaurisce oggi soltanto nel loro valore culturale e simbolico, ma comporta ulteriori dimensioni di carattere giuridico ed etico», che tendono a farne «uno strumento per difendere i diritti dei cittadini e vigilare sulla regolarità e la funzionalità dei poteri pubblici»[26]S. Vitali, Premessa, in L. Giuva, S. Vitali, I. Zanni Rosiello, Il potere degli archivi. Usi del passato e difesa dei diritti nella società contemporanea, Mondadori, Milano 2007, p. IX.; in questo contesto, sempre di più gli archivi si prestano «a usi tutt’altro che univoci» e diventano «portatori di significati plurimi e complessi, che non ammettono letture riduttive o parziali»[27]Ivi, p. XI.. Il caso del NCTR ci sembra a questo proposito emblematico per mostrare la problematicità che una narrazione archivistica pubblica e digitale, pure supportata da valide motivazioni, può incontrare e con le quali deve necessariamente confrontarsi. Proprio in virtù del fatto che si tratta di un caso “estremo” (documentazione legata a un genocidio culturale, rispetto al quale le rivendicazioni politiche e giuridiche non sono ancora sopite, raccolta appositamente per la costruzione di una narrazione istituzionalmente orientata), questo modello sembra portare alla luce in maniera significativa le più gravi criticità cui possono incorrere progetti di questo genere.
Attraverso gli esempi visti in questa puntata, tutti di larga scala e orientati a un compito di costruzione culturale e identitaria, ci è sembrato di aver mostrato da un lato la ricchezza e la fertilità dell’uso digitale degli archivi e della loro sottrazione a un ambito di fruizione puramente specialistica, dall’altro alcuni dei rischi che questo genere di operazioni possono comportare. Questo per tentare di problematizzare la questione dell’uso pubblico degli archivi, come strumenti di costruzione di cittadinanza. Come scriveva Marc Bloch, la «mémoire collective, comme la mémoire individuelle, ne conserve pas précisément le passé, elle le retrouve et le reconstruit sans cesse, en partant du présent. Toute mémoire est un effort»[28]M. Bloch, “Mémoire collective, tradition et costume. A propos d’un livre récent”, Revue de synthèse historique, XL, 118-120 (1925), p. 76.. In questo sforzo, l’uso digitale degli archivi è un terreno insieme di enormi potenzialità e rischi consistenti, intorno ai quali è sempre più necessario un dibattito che travalichi i singoli steccati disciplinari, per coinvolgere tutti gli attori in causa (istituzioni, archivisti, storici, professionisti dell’informazione e del knowledge design, informatici ecc.).
References
↑1 | Coordinato da Luca Gorgolini (Unirsm), da Michele Chiaruzzi (Unibo; Unirsm), e dal nostro direttore, Massimo Mastrogregori, il progetto si è avvalso della consulenza scientifica di un gruppo di ricerca composto, oltre che dai coordinatori, da Rosa Gobbi (Archivio di Stato della Repubblica di San Marino), Isabella Manduchi (Archivio di Stato della Repubblica di San Marino), Matteo Sisti (Memorie di Marca) e Stefano Vitali (già direttore dell’Istituto centrale per gli archivi). Il censimento è stato realizzato da Damiano Muccioli, mentre alla proposta di digitalizzazione hanno lavorato, per il nostro centro, Alessandro Fiorentino e Andreas Iacarella. |
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↑2 | Il video mockup del portale è accessibile a questo link. |
↑3 | I dati sono aggiornati al 27 marzo 2023. |
↑4 | Nella lista sono compresi: archeologia, arte, fotografia, giornali, migrazioni, moda ecc. |
↑5 | «Sharing your migration history can help us to tell a really big story – the story of Europe and the people who live here. Your story is part of Europe’s rich and shared history of migration, and now it can be recorded for the future». La citazione è tratta dalla pagina “Share your migration story”. |
↑6 | Per il mondo della scuola sono messi a disposizione, per insegnanti e studenti di ogni ordine e grado, due diversi servizi, Historiana e Europeana Classroom, nonché il blog Teaching with Europeana, in cui i docenti possono condividere strumenti, materiali ed esperienze. |
↑7 | D. Segoni, “I servizi offerti da una digital library”, DigItalia, XVI, 1 (2021), p. 52. |
↑8 | Cfr. S. Bruni et al., “Towards the integration of archives, libraries and museums”, JLIS. Italian journal of library, archives and information science, 7, 1 (2016), pp. 225-244. |
↑9 | S. Noiret, Storia contemporanea digitale, in R. Minuti (ed.), Il web e gli studi storici. Guida critica all’uso della rete, Carocci, Roma 2015, pp. 291-292. |
↑10 | F. Tomasi, Organizzare la conoscenza: Digital Humanities e web semantico. Un percorso tra archivi, biblioteche e musei, Editrice Bibliografica, Milano 2022, p. 64. |
↑11 | A. Isaac (ed.), Europeana Data Model Primer, Europeana-European Union, 14 luglio 2013, p. 6. |
↑12 | Ivi, p. 5. |
↑13 | Una breve presentazione è raggiungibile qui. |
↑14 | Per rendere l’orizzonte nel quale Europeana si situa è sufficiente riportare alcune righe dal piano strategico 2020-2025: «Europeana sees a cultural heritage sector transformed by having digital integrated into every aspect of its operation and mindset. (…) This vision for Europeana imagines a Europe powered by culture. And a Europe powered by culture is a Europe with a resilient, growing economy, increased employment, improved well-being and a sense of European identity». European Commission, Directorate-General for Communications Networks, Content and Technology, Europeana strategy 2020-2025. Empowering digital change, Publications Office of the European Union, Luxembourg 2020, p. 13. |
↑15 | Al punto che un pioniere della digital public history come Serge Noiret ha preconizzato che, «grazie al web semantico e all’interconnessione tra metadati, potrebbe fondere i suoi contenuti con quelli di Europeana e favorire così la nascita di una biblioteca digitale universale». S. Noiret, Storia contemporanea digitale cit., p. 292. |
↑16 | Tra i principali partner contributori: National Archives and Records Administration (17.524.422 documenti digitali), Smithsonian Institution (7.423.214), HathiTrust (3.033.985), California Digital Library (2.088.218), The Portal to Texas History (1.869.499) ecc. I dati sono aggiornati al 27 marzo 2023. |
↑17 | Digital Public Library of America strategic roadmap, 2019-2022. Collaborating for equitable access to knowledge for all, DPLA, giugno 2019, p. 1. |
↑18 | A testimonianza di ciò, si segnala la pagina di strumenti Resources for Genealogists messa a disposizioni dai National Archives. |
↑19 | Uno degli aspetti più interessanti a questo proposito è il Palace Marketplace, un marketplace specializzato in audiolibri ed ebook che mira a massimizzare l’accesso ai documenti, realizzato specificamente per andare incontro alle esigenze di fornitura delle biblioteche. |
↑20 | Honouring the truth, reconciling for the future. Summary of the Final Report of the Truth and Reconciliation Commission of Canada, The Truth and Reconciliation Commission of Canada, 2015, p. 1. |
↑21 | Come segnalato da Dario Taraborelli, il lavoro della TRC ha avuto anche altri esiti archivistici consistenti, avendo dedicato due delle 94 Calls to action della propria relazione finale a queste istituzioni culturali. Cfr. D. Taraborelli, “Il complesso retaggio delle Residential Schools in Canada, tra ricerca della verità, archivi e memorie divise”, Il mondo degli archivi, 12 marzo 2019. |
↑22 | D. Taraborelli, “Il complesso retaggio delle Residential Schools in Canada” cit. |
↑23 | Cfr. R. Niezen, “The limits of truth telling: victim-centrism in Canada’s Truth and Reconciliation Commission on Indian Residential Schools”, Allegra Lab, gennaio 2015. |
↑24 | D. Taraborelli, “Il complesso retaggio delle Residential Schools in Canada” cit. |
↑25 | Segnaliamo, a questo proposito, la richiesta che è stata avanzata da alcune popolazioni indigene, e accolta dalla Corte suprema canadese, per rivendicare la proprietà delle vittime sulle proprie testimonianze, con la possibilità di scegliere tra l’archiviazione oppure la secretazione e successiva distruzione delle stesse. |
↑26 | S. Vitali, Premessa, in L. Giuva, S. Vitali, I. Zanni Rosiello, Il potere degli archivi. Usi del passato e difesa dei diritti nella società contemporanea, Mondadori, Milano 2007, p. IX. |
↑27 | Ivi, p. XI. |
↑28 | M. Bloch, “Mémoire collective, tradition et costume. A propos d’un livre récent”, Revue de synthèse historique, XL, 118-120 (1925), p. 76. |